Intervista di Costanza Blaskovic
Il 12 marzo si è conclusa la personale dell’artista Alessandra Spigai, Muse Interiori, presso la Sala Comunale d’Arte in piazza dell’Unità d’Italia a Trieste, curata da Peter Iancovich per OpenUpArtGallery.
Le sculture che sono state in mostra fino a l’altro ieri fanno parte di un progetto esposto al pubblico per la prima volta, la serie Muse Interiori, che ha come punto di partenza la ricerca e la trasposizione plastica delle sfumature dei moti dell’animo nella materia.
Non c’è da stupirsi se, durante i venti giorni nei quali le creazioni di Alessandra Spigai sono state esposte, spesso il pubblico sia tornato a osservarle più di una volta. Infatti, i volti e i corpi plasmati dall’artista possono rivelarsi differenti a ogni sguardo: la loro forma di comunicazione prevede il lasciarsi osservare e, mediante una chimica sottile, legano l’osservatore alle ispirazioni che li hanno creati, evocando in esso emozioni e momenti interiori passati e presenti.
Con l’occasione di questa personale, Alessandra Spigai ci ha svelato il suo modo di guardare alle sfaccettature della vita interiore dell’umano, tramite un genere di scultura pur figurativo, ma che trova parte della sua immediatezza nella forma, libera e istintiva. Le sue creazioni sono mosse da una forte espressività intrinseca, esacerbata da una polimatericità solo apparente. Le caratteristiche visive e tattili che l’artista conferisce alla materia di volta in volta fanno sì che le superfici si crepino, si rompano, si lacerino o divengano lisce, impalpabili e morbide, come se fossero composte da materiali ogni volta differenti. Invece, la base di partenza per le sculture di questa serie è in molti casi la stessa, la creta e il gesso, per lo più, ma è la vita, lo scorrere del tempo e delle emozioni sulla pelle che increspano o distendono le superfici e i momenti.
nella foto: Maria Campitelli commenta la mostra di fronte alla scultura Àmōr |
Da come ti comporti in mezzo alle tue sculture, mentre le tocchi, le accarezzi, le abbracci, mi è parso che il tuo legame con esse sia fortissimo, questo rapporto si può definire un legame materno? “Sì, ho decisamente un rapporto materno con le mie sculture: le plasmo con l’amore della creazione. Mentre lavoro su di esse, a un certo punto, sento che sono pronte, che sono nate”. Alessandra Spigai mi racconta anche un avvenimento molto privato legato allo scolpire e alla sua maternità. La prima volta che si ritrovò ad appoggiare le mani su della creta per modellarla le affiorò un ricordo. In quell’occasione provò la stessa sensazione che ebbe quando, il giorno della nascita della sua seconda figlia, le prese la testa tra le mani e le toccò il viso, l’ossatura sotto la carne, percependone i volumi, per riconoscerla.
nella foto: visitatori davanti alla scultura Manolin |
“Un anno e mezzo fa. Poi, si è aperta una diga e ho creato moltissimo. La serie che è stata esposta in piazza Unità è soltanto una parte delle opere che ho realizzato in questo periodo di tempo”.
Per molti anni si era dedicata professionalmente alla grafica, alla pubblicità, all’editoria, al giornalismo e al web design. “Il mio percorso precedente alla scultura era legato alla scrittura. Ho scritto per molto tempo poesie visuali e racconti e già allora ad affascinarmi era la forma grafica delle parole. Poi mi sono avvicinata ai caratteri tipografici e alla carta fatta a mano, cercando sempre un contatto con i materiali, insomma, sperimentando sempre. Ho cominciato a raccogliere antichi caratteri tipografici in legno, ormai in disuso, e ho provato a utilizzarli all’interno di mie composizioni sfruttandoli non come supporto per la stampa, ma come oggetti decorativi autonomi. è così che ho cominciato a creare con le mani”. Poi, ha incontrato la scultura ed è stata una folgorazione.
Dato l’entusiasmo e l’impazienza che dimostra quando dice di avere l’urgenza di scolpire subito e ancora, è evidente che Alessandra Spigai sia ben decisa a continuare a indagare e sperimentare nell’ambito della scultura. Infatti, mi conferma: “Io devo continuare! è come se improvvisamente avessi capito che so volare. Prima non lo sapevo, ora lo so. Posso migliorare la tecnica, devo imparare come volare più in alto o più in basso, ma, soprattutto, ora devo capire quale sia il mio modo preferito di farlo. Certo è, che non posso più rinunciarci”.
Le chiedo, poi, se abbia già progetti per il futuro: “Finita questa mostra dovrò occupare il mio tempo in maniera produttiva perché per restare in questo mondo devo continuare a esporre e, per farlo, dovrò creare nuove opere adatte alle occasioni che mi si presenteranno. Poiché lavoro in questo campo da poco tempo, non ho un archivio di opere create in precedenza pronte per essere esposte. Quindi, adesso, mi devo impegnare in questo senso e, siccome ho infinite possibilità di fare, proprio perché sono agli inizi, non ho che l’imbarazzo della scelta. Comunque, non vedo l’ora di creare ancora, sia opere che sono già nei piani, cioè opere che creerò in vista degli eventi futuri, sia sperimentazioni pure e libere”.
Chiedo, infine, al curatore, Peter Iancovich, e all’artista se sono soddisfatti della mostra e della risposta del pubblico: Peter Iancovich si dichiara soddisfatto della riuscita globale della mostra, dell’affluenza e della risposta del pubblico che ha dimostrato di apprezzare non solo l’artista e il campo in cui essa sperimenta, ma anche l’allestimento, chiaro, essenziale e di facile fruizione. Tra i visitatori che in questi giorni hanno apprezzato l’esposizione ci sono stati anche vari artisti quali Ricardo Cinalli e Villi Bossi.
Anche Alessandra Spigai si dichiara soddisfatta delle tantissime visite e degli incoraggiamenti ricevuti dal pubblico. Inoltre, afferma: “Per me questo è stato un vero e proprio debutto e averlo fatto nella piazza della mia città ha acquistato ancora più importanza. Certo, per farlo ho dovuto armarmi di coraggio poiché in precedenza non avevo avuto alcun tipo di esperienza simile e, dunque, è stata una bella sfida”.
(C. B.)
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